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I legami fra gli scacchi e la matematica sono ben presenti nella storia del gioco. 

Narra una storia medievale che quando il Gran Visir Sessa Ben Dahir presentò al re indiano Shirham il gioco degli scacchi da lui inventato, il sovrano gli chiese cosa volesse in cambio. La risposta fu : “Sire, mettetemi un chicco di grano sulla prima casella della scacchiera, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, e così via, fino alla sessantaquattresima”.    

 “Tutto qua ? “ domandò il re.  Ma il Visir gli fece notare : “ Maestà, credo di avervi chiesto più grano di quanto abbiate nel vostro regno.  Anzi, di quanto ce ne sia nel mondo intero “. E aveva ragione, perché il numero di chicchi richiesto corrisponde alla somma dei primi 64 termini della progressione geometrica.

 di ragione  2 che inizia con 1.  Un numero enorme, appunto, pari precisamente a 2 alla 64 meno 1, e approssimativamente al doppio di 10 alla 19.  Poiché su un metro quadrato si possono seminare all’incirca 50 chicchi di grano, su una sfera come la Terra, di raggio pari all’incirca a 6000 chilometri,  se ne possono seminare all’incirca il doppio di 10 alla 16.  La richiesta del Visir equivaleva  dunque al grano che si può seminare su mille terre, oceani inclusi!

Scacchi e Progressione Geometrica

Per progressione geometrica si intende un metodo numerico che incrementa il valore non mediante addizione (10+10+10=30) ma per moltiplicazione (10x10x10=1000). Si tratta di un principio fondamentale della matematica che aiuta a prevedere l’evoluzione di un qualsiasi fenomeno in espansione, con applicazioni negli ambiti più diversi come la demografia, la finanza o la fusione nucleare. 

Più che dire qualcosa sugli scacchi, la storia di Sessa è una metafora orientale antica di quello che oggi chiamiamo la crescita esponenziale. Sulla scacchiera si raggiungono cifre  altrettanto vertiginose.

All’inizio tutto è molto semplice: alla prima mossa, quando Torri, Alfieri, Re e Donne sono tutti bloccati nelle retrovie, il Bianco ha solo venti possibilità. Tenendo conto che ciascun giocatore infatti ha 20 possibili aperture (2 per ciascuno degli 8 pedoni, e 2 per ciascuno dei 2 cavalli), per ciascuna coppia di giocatori le mosse  possibili sono soltanto 40. Ma negli scacchi il numero di mosse permesse è solo una piccola parte dell’equazione. Perché mentre vi sono solo 40 possibili mosse per coppia di giocatori, vi sono in realtà 400 possibili posizioni sulla scacchiera relative a quelle mosse. Se il Bianco muove il pedone in a3, il Nero può muovere il Pedone in a6, o in a5, o in b6, on in b5, o in c6, o in c5, o in d6, o in d5, o in e6, o in e5, o in f6, o in f5, o in g6, o in g5, o in h6,o in h5, oppure il Cavallo in a6, o in c6, o in f6, o in h6. Se  il bianco muove il Pedone in a4, il Nero può rispondere spostando un Pedone in a6, o in a5…. Se Bianco muove il pedone in b3, il Nero può muovere il Pedone in a6, o in a5….e così via fino a  400 posizioni distinte. 

Per chi non conosce il gioco le differenze tra tutte queste posizioni può sembrare trascurabile ma qualsiasi giocatore sa che lo sviluppo del gioco dipende dall’esatta disposizione dei pezzi. Ogni giocatore con la prima mossa genera una tra le 400 posizioni possibili, ognuna delle quali ha specifiche caratteristiche. Alla seconda mossa il numero delle posizioni schizza a livelli incredibili: per ognuna delle 400 possibili posizioni ogni giocatore dispone di 27 risposte. Dopo il  secondo turno (2 mosse per giocatore) il numero totale delle posizioni sulla scacchiera ammonta, secondo gli specialisti di numeri, a 71.852. Per i primi dieci scambi di mosse le possibilità sono di 400 alla 10, cioè all’incirca 10 alla 23. La partita è appena cominciata e gli schemi di gioco sono “quasi”infiniti. Le possibili configurazioni dei 32 pezzi sulle 64 caselle della scacchiera: appunto 64 alla 32, cioè all’incirca 10 alla 57. Anche considerando soltanto partite ragionevoli, di al più 100 mosse  e con una media di 40 possibili mosse ogni volta, si arriva a un numero pari a 100 alla 40, cioè 10 alla 80, che è uguale al numero stimato di particelle dell’universo.

Il mondo degli scacchi è dunque di una complessità analoga a quella del mondo fisico, e per il matematico esso si riduce in teoria al gigantesco, ma pur sempre finito, albero della conoscenza scacchistica, comprendente tutte le possibili mosse di tutte le possibili partite. Riassumendo:

  • il primo livello di questo albero consiste delle 20 aperture del Bianco, il secondo livello  delle 20 possibili aperture del Nero in risposta a ciascuna apertura del Bianco: cioè, dei 400 possibili primi scambi di mosse ( ma solo 64 sono considerate combinazioni forti);

  • si calcolano oltre 300 miliardi di modi per giocare le prime quattro mosse e 10^30 per giocare le prime dieci mosse; 

  • il numero totale di possibili combinazioni posizionali e stimato in 10^120.

Quindi ciascun livello successivo dell’albero si ottiene da quello precedente aggiungendo a ogni nodo tutte le possibili risposte. Per i calcoli accennati in precedenza, ciascun ramo dell’albero è finito, e descrive una possibile partita che finisce in una vittoria del bianco, o in una vittoria del nero, o in una patta.

Si può definire che la matematica e gli scacchi condividono un approccio assiomatico ed un modo astratto di ragionare per la risoluzione di problemi. Negli scacchi, la logica delle regole del gioco, la geometria della scacchiera ed i concetti di “giusto” ed “errato” richiamano analoghi concetti matematici. 

Molti illustri matematici sono rimasti affascinati dai problemi relativi agli scacchi, tra cui Eulero, Gauss, Legendre. E diversi campioni mondiali di scacchi hanno offerto importanti contributi ad alcuni settori della matematica e dell’ informatica: Steinitz, Lasker, Euwe, Botvinnik.

La soluzione di numerosi problemi ed indovinelli relativi alla scacchiera sono basati su elementi di teoria dei grafi, topologia, teoria dei numeri, aritmetica, analisi combinatoria, geometria...

Naturalmente, fa parte delle regole del gioco che in qualunque partita o vince il bianco, o vince il nero, o i due giocatori pattano.

Al Congresso Internazionale dei Matematici del 1912 Ernst Zermelo propose un teorema per dimostrare l’esistenza di una strategia nel gioco degli scacchi : “ O esiste una strategia che permette al Bianco di vincere sempre, o esiste una strategia che permette al Nero di vincere sempre, o esiste una strategia che permette ad entrambi i giocatori di pattare sempre.

Naturalmente, la dimostrazione del teorema ci dice che esiste una strategia ma non ci dice quale sia questa strategia e neppure di che tipo essa sia: se di vittoria per il Bianco, di vittoria per il Nero, o di patta per entrambi.

Pur con le sue limitazioni, il teorema di Zermelo è stato comunque il primo fondamentale passo della teoria dei giochi, che studia le situazioni di conflitto tra due o più contendenti, e ha già portato a ben cinque premi Nobel per l’economia (John Harsanyi, John Nash e Reinhard Selten nel 1994, e Robert Aumann e Thomas Schelling nel 2005).  

Negli scacchi, invece, la teoria dei giochi non ha finora portato da nessuna parte: al più si può immaginare che,  visto l’innegabile vantaggio che il Bianco ha sul Nero, la strategia di cui il teorema di Zermelo dimostra l’ esistenza, debba essere di vittoria per il Bianco o al più di pareggio per entrambi.

La teoria dei giochi

Alcuni indizi portano  a credere che le attuali mosse degli scacchi siano state stabilite in base ad un antico codice matematico. Negli anni ’70 il tedesco Reinhard Wieber, lo yugoslavo Pavle Bidev e lo spagnolo Ricardo Calvo si imbatterono in un antico riferimento a un “quadrato magico” di otto case per otto, che, inspiegabilmente, conteneva anche alcuni pezzi degli scacchi.

Il quadrato magico, simbolo ben noto alle antiche civiltà in Egitto, India e Cina è una matrice di numeri interi positivi 1, 2, ..., n^2 disposti in modo tale che la somma degli n numeri su qualsiasi linea orizzontale, verticale o diagonale principale dia sempre lo stesso numero, denominato costante magica.

Il quadrato magico di ordine 3 con costante magica 15 era già noto nel 2000 a.C. agli antichi cinesi, che lo chiamarono Lo Shu:

                                                         [figura 1]                                                                      

La mossa del Cavallo, che molti ritengono essere l’elemento distintivo del gioco degli scacchi, sembra poter essere derivato dall’osservazione del cammino necessario per collegare i primi numeri successivi in un quadrato magico di ordine 3:

                                                         [figura 2]

 

Wieber, Bidev e Calvo scoprirono che le antiche mosse degli scacchi si adattavano misteriosamente ad un quadrato magico di otto per otto, proveniente da un testo arabo medievale. Concludeva Calvo: “L’inventore o gli inventori devono aver utilizzato questo “codice genetico degli scacchi” (come lo chiamava Bidev) prima di stabilire le varie mosse dei diversi pezzi sulla scacchiera”.

 

Un tipico problema scacchistico di natura matematica è la determinazione di un percorso che permetta a un pezzo di partire da una casella data, percorrere tutte le caselle ognuna una sola volta, e terminare in una casella data, non necessariamente coincidente con quella di partenza. La cosa è semplice per il re e la regina, per le loro libertà di movimento. Per la torre è possibile solo se le caselle di partenza e di arrivo hanno colori diversi. Per l'alfiere è impossibile, perché si trova sempre su caselle dello stesso colore. E per il cavallo è possibile, ma complicato. Probabilmente, il più famoso enigma scacchistico per il quale abbiamo numerose fonti storiografiche, è quello detto del “giro del cavallo”. Per la risoluzione di tale problema si ricorre al quadrato magico. 

 

PROBLEMA – Con un cavallo, percorrere tutte le case della scacchiera senza passare mai due volte per la stessa casella.

VARIANTE (detta «Giro del Cavallo») – Con l’ultima mossa, il cavallo deve tornare alla casa di partenza.

                                                      [figura 3]

 

Se la posizione finale è distante da quella iniziale di una sola mossa di cavallo, il percorso viene chiamato chiuso o ciclico. La prima soluzione che sia stata documentata su di una scacchiera 8 X 8 e quella fornita da Abraham de Moivre. La prima soluzione ciclica é stata prodotta dal matematico francese Adrien-Marie Legendre (1752- 1833).

                                                      [figura 4]

 

Nel 1759 il problema del giro del Cavallo venne studiato da Eulero. Per quantità e qualità, le ricerche di Leonardo Eulero, matematico di Basilea, costituiscono un corpus eccezionale nella storia della matematica. Nel 1735 aveva affrontato il problema cosiddetto “dei sette ponti di Konigsberg”. In questa cittadina prussiana c’erano sette ponti che permettevano di accedere ad un’isola in un fiume. Il problema consisteva nell’attraversarli tutti senza passare due volte per lo stesso ponte. Eulero dimostrò che era un compito impossibile, gettando le basi della disciplina che oggi chiamiamo topologia. 

In uno dei suoi lavori successivi Eulero affrontò il problema del giro del cavallo, che da un punto di vista topologico non è dissimile da quello dei sette ponti. Egli, a sua volta, trovo un percorso ciclico che transita a turno sulle due metà della scacchiera. Il problema, tuttavia, può essere generalizzato ad una scacchiera n x n, con alcuni risultanti sorprendenti: ad esempio, non e possibile effettuare un percorso ciclico su una scacchiera 4 x 4 !

Nessuno sa a tutt’oggi quante siano le diverse possibili soluzioni. Di tutte quelle trovate fino ad ora, le più affascinanti ricavano un quadrato magico dalla numerazione della sequenza di mosse che compie il cavallo. Questa variante del problema venne studiata specificatamente in un libro del russo Jänisch, ottimo giocatore e professore di meccanica razionale a S. Pietroburgo.

                                                        [figura 5]

 

In un quadrato magico di ordine 8, come quello della figura 5, la somma dei numeri su  ciascuna colonna e ciascuna riga ammonta a 260 (anche le diagonali maggiori dovrebbero  dare la stessa somma, ma la soluzione presentata non gode di questa proprietà). La matrice contiene i naturali da 1 a 64 in modo che due numeri consecutivi (ed anche i numeri 64 e 1) sono “contigui” in termini di una mossa di cavallo. Se pensiamo che questo risultato venne ottenuto in un epoca in cui non esistevano i moderni elaboratori, non possiamo che restare ammirati dell’ingegno dello scopritore di tale soluzione.

Scacchi e Quadrati Magici

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LA PROGRESSIONE GEOMETRICA E IL PERCORSO DEL CAVALLO

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